PIANI DI SVILUPPO RURALE MARCHE: I BANDI APERTI
Il Piano di Sviluppo Rurale eroga importanti risorse per l’agricoltura marchigiana: disponibili l’elenco dei bandi aperti ed aggiornati
Il Piano di Sviluppo Rurale eroga importanti risorse per l’agricoltura marchigiana: disponibili l’elenco dei bandi aperti ed aggiornati
Il 21 e il 22 Aprile 2018 il Consorzio Agrario di Ancona organizza una Grande Fiera Agroalimentare
L’andamento delle semine e le prospettive del mercato del grano duro sono state al centro di due servizi del Tg3 Marche andati in onda il 28 Novembre scorso con intervista al direttore del Consorzio Agrario di Ancona Andrea Novelli.
La tassazione dei terreni agricoli ha visto negli ultimi anni numerosi interventi normativi che hanno influito sostanzialmente sull’imposta, rendendone complessa anche la determinazione. Riepiloghiamo quali sono i casi di esenzione e obbligo.
Per l’anno 2017 si conferma quindi quanto determinato dalla Legge di Stabilità 2016. L’attuale disciplina è individuata dall’art.1 comma 13 delle Legge n. 208/2015. Pertanto:
È necessario effettuare una precisazione in merito all’individuazione dei terreni nei Comuni così come risultano dalla Circolare del 1993 sopra richiamata; nello specifico, in tale circolare è presente una suddivisione per provincia di appartenenza ed è indicata l’annotazione PD per indicare rispettivamente se il Comune è parzialmente montano. Pertanto, per i Comuni che risultano parzialmente montani ai fini della corretta individuazione della zona per la quale è possibile usufruire dell’esenzione è necessario contattare direttamente gli uffici regionali competenti o gli ex uffici SCAU, ovviamente i terreni interessati dall’agevolazione devono essere quelli su cui si svolge attività agricola ai sensi dell’articolo 2135 c.c.
L’assenza, nell’elenco presente nella circolare, di alcuna annotazione accanto al nome del Comune, rappresenta l’esenzione sull’intero territorio comunale.
È doveroso ricordare che la Circolare n. 4/DF del 14 luglio 2016 ha specificato in quali casi può essere applicata l’esenzione ai terreni agricoli in presenza sia di fusione di Comuni con estinzione giuridica dei Comuni interessati nel processo aggregativo e la costituzione di un nuovo Comune sia di fusione per incorporazione, considerando anche tali Comuni non risultano nell’elenco alla circolare n. 9 del 1993.
Pertanto l’esenzione si applica considerando l’ubicazione dei terreni, verificando se gli stessi rientrano o meno nelle porzioni di territorio delimitate secondo i principi contenuti nella Circolare appena richiamata, indipendentemente dal fatto che i Comuni originari si siano fusi in un Comune anche di nuova denominazione e quindi non presente nella circolare.
Riassumendo l’esenzione si applica come sotto riportato:
Rimane in vigore anche la tassazione prevista per i cosiddetti orticelli e per i terreni incolti ovvero non “adibiti all’esercizio delle attività indicate nell’art. 2135 del codice civile” ubicati in Comuni montani o parzialmente montani. Si ricorda che al riguardo era stato fornito uno specifico chiarimento sulla tassazione degli stessi in occasione di un question-time del 4 maggio 2016, nel quale il MEF aveva precisato, rifacendosi a quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n.7369 dell’11 maggio 2012, riferita all’ICI ma applicabile anche ai fini Imu, che i terreni incolti sono da considerarsi comunque agricoli in base al fatto che tali terreni potenzialmente possono essere destinati all’utilizzo agricolo pur non essendo condotte attività agricole sugli stessi.
Pertanto, tali terreni possono essere assoggettati a tassazione in base alla tabella sotto riportata:
In tutti gli altri casi diversi da quelli sopra elencati i terreni sono assoggettati a IMU con applicazione dell’aliquota deliberata dal Comune (che può variare dal 4,6 per mille al 10,6 per mille)
Ai fini della determinazione della base imponibile si precisa che il coefficiente di rivalutazione è pari al 25% e il moltiplicatore è pari a 135.
Annalisa Fedrigo – Centro Studi CGN
Scritto da Corrado De Paolis il Aziende
ROMA – Coltivatori diretti, coloni, mezzadri, imprenditori agricoli. Sono state pubblicate da Inps con circolare n.96 del 31 maggio le indicazioni per i contributi obbligatori per il 2017, contribuzione Ivs, maternità, Inail e agevolazioni.
La circolare riporta informazioni sulle aliquote a partire dal reddito medio convenzionale che per il 2017 è di Euro 56,83, tabelle per aliquota di finanziamento e di computo, zona normale e zona svantaggiata, riduzioni per gli agricoltori che abbiano meno di 21 anni.
Per quanto riguarda la maternità, il contributo per ciascuna unità attiva in Gestione speciale per l’anno 2017 “è fissato nella misura di € 7,49”. Per Inail nel 2017 resta nella misura capitaria annua di 768,50 euro e di 532,18 euro per i territori montani e le zone svantaggiate.
Scadenze per i pagamenti F24: 17 luglio, il 18 settembre, il 16 novembre 2017 e il 16 gennaio 2018.
La circolare riporta infine indicazioni per esonero Ivs e contributo addizionale ex art.1 commi 344 e 345 della Legge 11 dicembre 2016 n.232, per chi ha meno di 40 anni con iscrizioni nel 2017 e per chi ha meno di 40 anni e un’azienda in zone montane o svantaggiate e che si è iscritto nel 2016. Ovvero i casi trattati in dettaglio nella circolare n.85 dell’11 maggio 2017.
NOTA : IN FONDO IL PDF.
Attività realizzata con il contributo del Programma di Sviluppo Rurale della Regione Marche 2014/2020 – Misura 1.2 A – Progetto ID 18063
SESSIONE PRATICA
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6 Novembre 2017
ore 15.00
presso
Consorzio agrario
Viale Trieste, 24
Jesi (AN)
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Interverranno:
tecnico divulgatore per dispositivi protezione
medico del lavoro INAIL per aspetti sanitari
Riteniamo opportuno pubblicare per vostra conoscenza questo appello fatto al governo.
La raccolta del 2017, secondo i dati del Consorzio Agrario e Confagricoltura, mostra risultati sorprendenti per qualità, anche se leggermente inferiori per quantità rispetto il 2016.
Riportiamo sotto una breve rassegna stampa sull’argomento
Di seguito, l’edizione del TG3 Regionale “Marche” del 20/07/2017, con un servizio sull’argomento (al minuto 10:20):
Ormai di agricoltura se ne occupano un po’ tutti.
Le rubriche, gli spazi dedicati ed i servizi dal mondo rurale fanno ormai parte integrante della comunicazione televisiva, si trovano sui social, sui forum e compagnia bella.
Fra i tanti che ne trattano, però, pochi ne hanno veramente conoscenza (dire competenza è troppo) del mondo rurale come attività produttiva e quasi nessuno ne parla come settore economico che deve misurarsi con bilanci, approvvigionamento finanziario, contratti di lavoro, concorrenza dei mercati o rapporto con l’industria di trasformazione.
Poco attrattivo e troppo complicato da comunicare, più facile è descrivere invece l’agricoltura come la riscoperta del territorio, della natura, anche se un campo ben coltivato sembra che abbia ben poco di naturale e meno di quello che, ultimamente va molto forte: la biodiversità.
Ci si sposta, quindi, a tavola, e, di colpo, appare il ruolo più importante tra gli operatori del settore: la signora anziana che prepara le tagliatelle, o qualche altra ricetta dimenticata della tradizione e si arriva alla sintesi estrema, identificando il settore agricolo con la gastronomia rurale.
Mi spiego meglio: coltivare grano duro e venderlo ad un prezzo che sia remunerativo non è la stessa cosa che produrre e vendere il lonzino di fico, come allevare e vendere bovini da carne è molto diverso da chi utilizza la carne di quei bovini per farla gustare nel suo ristorante.
Che la gastronomia rurale sia stata e sia un importante mezzo di pubblicità per la divulgazione delle produzioni tradizionali e per i territori agricoli nessuno lo può negare, ma da qui a farla diventare il fulcro attorno al quale debba ruotare tutta l’economia agricola nazionale ce ne passa.
Purtroppo i Più, indipendentemente ai “vertici” ai quali appartengano (politico, dirigenziale, organizzativo, ecc.) tendono a confondere la vera economia con quella della fantasia, lo sviluppo con i desideri, la gastronomia con la produzione.
Tale confusione se da una parte è fautrice di numerosi programmi televisivi, pubblicazioni, trattati o convegni che certamente creano economia, dall’altro maschera i veri problemi dell’agricoltura ed induce, spesso, coloro che tali problemi dovrebbero risolvere in macroscopici errori di valutazione.
La classe dirigente deputata a prendere indirizzi atti a migliorare le condizioni economiche dell’agricoltura, sottoposti più o meno inconsapevolmente ad ottenere sempre un pubblico e favorevole plauso, si incarta in provvedimenti normativi singolari che nulla hanno a che vedere con il rilancio dei bilanci agricoli.
Potremo fare innumerevoli esempi, come concedere contributi prioritariamente a chi, solamente, risiede in zona montana indipendentemente dalla validità economica del progetto presentato; oppure favorire la coltivazione delle more rispetto alla coltivazione dell’olivo.
Come parlare della qualità del grano duro italiano basandosi solamente sulle varietà cosiddette “antiche” come “il Senatore Cappelli” che può andare benissimo per piccole e particolarissime produzioni destinate a ristoranti “stellati” ma che sono economicamente influenti rispetto ai 4.5 milioni di tonnellate della produzione nazionale.
Tanto è vero che i principali pastifici nazionali utilizzano grano duro canadese in totale contrasto con la suggestiva tesi della biodiversità.
In Canada coltivano al massimo 6 varietà di grano duro, contro le oltre 30/40 coltivate da noi in Italia e sono quelle che permettono di ottenere semole per gli standard elevati che la tradizione Italiana della pasta richiede.
In sintesi, la tendenza con cui si sta rappresentando il settore è negativa e fuorviante: la riscoperta di coltivazioni improbabili o di consistenza economica insignificante, di metodi agronomici al limite della superstizione, di forme di impresa per fare i cosmetici con la bava della lumaca ed il moltiplicarsi all’infinito di marchi DOP, DOC, IGP, DOCG, distretti di eccellenza, eccellenze di distretti e così via, nasconde in modo molto pericoloso e poco lungimirante la vera crisi strutturale che sta devastando il nostro settore, sul quale non si può più scherzare…
Per questo è imperativo guardare più nel profondo su quanto sta accadendo e vicino ad un’agricoltura di nicchia, di sopraffina qualità e particolarmente accattivante dove una parte del mondo agricolo è giusto che trovi la propria soddisfazione economica ce n’è un’altra, largamente maggioritaria, vera ossatura dell’economia agro-alimentare italiana che rischia di scomparire: allora si che si dovranno fronteggiare gravissimi problemi di natura ambientale e sociale!
Manca completamente una politica per la pianificazione agronomica, l’organizzazione della fase commerciale per l’immissione sul mercato delle produzioni ed il collegamento con l’industria di trasformazione che è il vero punto di forza dell’agroalimentare Italiano, questa si vera eccellenza, anche se, con profonda amarezza, va evidenziato che ormai questo comparto è stato quasi tutto svenduto a multinazionali straniere,Danone, Nestlè, Haineken ecc.
Non sappiamo se tutto ciò stia accadendo per mancanza di volontà o peggio, per mancanza di competenze, ma la sensazione è quella di stare sul Titanic, a ballare il Foxtrot, con l’iceberg che ha già squarciato la fiancata.
scritto a quattro mani