01 Giu 2017

AGRICOLTURA: TRA ECONOMIE A GASTRONOMIA RURALE

Ormai di agricoltura se ne occupano un po’ tutti.
Le rubriche, gli spazi dedicati ed i servizi dal mondo rurale fanno ormai parte integrante della comunicazione televisiva, si trovano sui social, sui forum e compagnia bella.
Fra i tanti che ne trattano, però, pochi ne hanno veramente conoscenza (dire competenza è troppo) del mondo rurale come attività produttiva e quasi nessuno ne parla come settore economico che deve misurarsi con bilanci, approvvigionamento finanziario, contratti di lavoro, concorrenza dei mercati o rapporto con l’industria di trasformazione.
Poco attrattivo e troppo complicato da comunicare, più facile è descrivere invece l’agricoltura come la riscoperta del territorio, della natura, anche se un campo ben coltivato sembra che abbia ben poco di naturale e meno di quello che, ultimamente va molto forte: la biodiversità.
Ci si sposta, quindi, a tavola, e, di colpo, appare il ruolo più importante tra gli operatori del settore: la signora anziana che prepara le tagliatelle, o qualche altra ricetta dimenticata della tradizione e si arriva alla sintesi estrema, identificando il settore agricolo con la gastronomia rurale.
Mi spiego meglio: coltivare grano duro e venderlo ad un prezzo che sia remunerativo non è la stessa cosa che produrre e vendere il lonzino di fico, come allevare e vendere bovini da carne è molto diverso da chi utilizza la carne di quei bovini per farla gustare nel suo ristorante.
Che la gastronomia rurale sia stata e sia un importante mezzo di pubblicità per la divulgazione delle produzioni tradizionali e per i territori agricoli nessuno lo può negare, ma da qui a farla diventare il fulcro attorno al quale debba ruotare tutta l’economia agricola nazionale ce ne passa.
Purtroppo i Più, indipendentemente ai “vertici” ai quali appartengano (politico, dirigenziale, organizzativo, ecc.) tendono a confondere la vera economia con quella della fantasia, lo sviluppo con i desideri, la gastronomia con la produzione.
Tale confusione se da una parte è fautrice di numerosi programmi televisivi, pubblicazioni, trattati o convegni che certamente creano economia, dall’altro maschera i veri problemi dell’agricoltura ed induce, spesso, coloro che tali problemi dovrebbero risolvere in macroscopici errori di valutazione.
La classe dirigente deputata a prendere indirizzi atti a migliorare le condizioni economiche dell’agricoltura, sottoposti più o meno inconsapevolmente ad ottenere sempre un pubblico e favorevole plauso, si incarta in provvedimenti normativi singolari che nulla hanno a che vedere con il rilancio dei bilanci agricoli.
Potremo fare innumerevoli esempi, come concedere contributi prioritariamente a chi, solamente, risiede in zona montana indipendentemente dalla validità economica del progetto presentato; oppure favorire la coltivazione delle more rispetto alla coltivazione dell’olivo.
Come parlare della qualità del grano duro italiano basandosi solamente sulle varietà cosiddette “antiche” come “il Senatore Cappelli” che può andare benissimo per piccole e particolarissime produzioni destinate a ristoranti “stellati” ma che sono economicamente influenti rispetto ai 4.5 milioni di tonnellate della produzione nazionale.
Tanto è vero che i principali pastifici nazionali utilizzano grano duro canadese in totale contrasto con la suggestiva tesi della biodiversità.
In Canada coltivano al massimo 6 varietà di grano duro, contro le oltre 30/40 coltivate da noi in Italia e sono quelle che permettono di ottenere semole per gli standard elevati che la tradizione Italiana della pasta richiede.
In sintesi, la tendenza con cui si sta rappresentando il settore è negativa e fuorviante: la riscoperta di coltivazioni improbabili o di consistenza economica insignificante, di metodi agronomici al limite della superstizione, di forme di impresa per fare i cosmetici con la bava della lumaca ed il moltiplicarsi all’infinito di marchi DOP, DOC, IGP, DOCG, distretti di eccellenza, eccellenze di distretti e così via, nasconde in modo molto pericoloso e poco lungimirante la vera crisi strutturale che sta devastando il nostro settore, sul quale non si può più scherzare…
Per questo è imperativo guardare più nel profondo su quanto sta accadendo e vicino ad un’agricoltura di nicchia, di sopraffina qualità e particolarmente accattivante dove una parte del mondo agricolo è giusto che trovi la propria soddisfazione economica ce n’è un’altra, largamente maggioritaria, vera ossatura dell’economia agro-alimentare italiana che rischia di scomparire: allora si che si dovranno fronteggiare gravissimi problemi di natura ambientale e sociale!
Manca completamente una politica per la pianificazione agronomica, l’organizzazione della fase commerciale per l’immissione sul mercato delle produzioni ed il collegamento con l’industria di trasformazione che è il vero punto di forza dell’agroalimentare Italiano, questa si vera eccellenza, anche se, con profonda amarezza, va evidenziato che ormai questo comparto è stato quasi tutto svenduto a multinazionali straniere,Danone, Nestlè, Haineken ecc.
Non sappiamo se tutto ciò stia accadendo per mancanza di volontà o peggio, per mancanza di competenze, ma la sensazione è quella di stare sul Titanic, a ballare il Foxtrot, con l’iceberg che ha già squarciato la fiancata.

scritto a quattro mani

17 Mar 2017

Grano: prezzo ancora in calo, magazzini mezzi pieni

“Un cambio di marcia alla politica agricola regionale”

 

Con magazzini ancora mezzi pieni ed una previsione di 4,5 milioni di quintali di grano duro anche per la prossima campagna, le previsioni sui prezzi sembrano negative.

Se ne fa interprete il Consorzio Agrario di Ancona, principale collettore per la raccolta dei cereali, con una quota di mercato di oltre il 40% nella provincia di riferimento – la più vocata per questo tipo di produzione – ed in buona parte di quelle limitrofe. E più che un appello, arriva un grido d’allarme alla Regione Marche: cambiare verso!

“Continuare a concentrarsi solo su inconsistenti mercati di nicchia e perdere di vista l’ossatura della produzione –  sostiene il direttore del Consorzio Andrea Novelli – contribuisce a mettere in ginocchio l’agricoltura marchigiana. Occorrono interventi logistico-strutturali a supporto della commercializzazione e meccanismi di premialità in grado di favorire l’aggregazione dell’offerta e la standardizzazione qualitativa.

Abbiamo il porto di Ancona che è una straordinaria risorsa, tenuto conto che del nostro grano duro dell’ultima campagna, appena il 20% è stato utilizzato da pastifici italiani mentre l’80% ha preso la via dell’esportazione, soprattutto nei mercati del nord Africa. Dobbiamo costruire una filiera organizzata e concreta che possa permettere di restituire valore al prezzo del grano, costruendo un fronte unico che garantista una forza contrattuale nei confronti degli operatori, in particolare quelli stranieri (canadesi in primis), che vengono a caricare con le loro navi il nostro grano per rivenderlo poi nei Paesi emergenti”.

Lo scorso anno il prezzo del grano duro ha subito un calo di oltre il 30% sulla campagna precedente ed in questi primi mesi dell’anno mesi si registra un ulteriore calo del 20%.

L’agricoltore oggi spunta un prezzo medio inferiore ai 180 euro/tonnellata, nettamente al di sotto del costo di produzione.  Ovviamente nessuno vende,  sperando in tempi migliori; innescando il forte rischio che i magazzini, dove sono rimaste molte scorte, non siano più sufficienti per l’ammasso della prossima campagna.

“Serve un riscatto collettivo – aggiunge il presidente del Consorzio Agrario Provinciale di Ancona, Alessandro Alessandrini – perché la coltivazione del grano duro, che è la principale coltura delle Marche, non regge più e sta mandando in forte difficoltà migliaia di aziende agricole e serve un orientamento diverso da parte della Regione per un impiego più efficace dei finanziamenti del Piano di Sviluppo Rurale, a concreto sostegno delle strutture commerciali di stoccaggio.

Un operatore che acquisti per l’industria molitoria nazionale o che intenda imbarcare una nave da 300 mila quintali,  dovrebbe avere un unico interlocutore con cui trattare per avere, sempre, disponibilità di merce, e certezza dei parametri qualitativi richiesti. Ciò oggi non avviene con regolarità con conseguenza negative per tutti a partire proprio dagli agricoltori. Le istituzioni devono ormai aprire gli occhi sul mondo agricolo reale e mettere da parte, o in secondo piano, il sostegno a colture fantasiose e prive di consistenza economica.

Serve un orientamento pragmatico basato sulla concretezza delle azioni, che permetta di recuperare il distacco commerciale,  logistico e di mentalità che ci separa non solo dal Nord America, ma anche dagli altri paesi dell’UE, Francia in testa”.

È inutile ed autolesivo continuare a ripetere il mantra delle “eccellenze dappertutto” per non voler affrontare la realtà che riscontra al contrario un arretramento delle caratteristiche qualitative delle nostre produzioni.

La spirale perversa che si è innescata in questi ultimi anni è molto semplice: i prezzi sono in caduta libera, si riducono al minimo gli interventi sulle coltivazioni, la produzione peggiorano in qualità ed il prodotto vale ancora meno!

Trent’anni fa il grano duro marchigiano aveva comunemente e naturalmente caratteristiche qualitative comparabili, se non superiori, con le migliori produzioni Canadesi, cosa oggi molto difficile da raggiungere.

Sono ormai improrogabili interventi strutturali nelle politiche agricole locali, basta  disperdere soldi per la ricerca sulla Quinoa, o piantare cartamo, o riscoprire tipicità locali improbabili, confondendo l’attività economica agricola con la gastronomia rurale.

Gli interventi per sostenere le filiere devono essere semplici, circoscritti ed efficaci ed in questa situazione di emergenza devo essere rivolti al recupero delle corrette tecniche agronomiche, al giusto impiego dei mezzi di produzione, alla selezione e separazione per caratteristiche qualitative ed alla concentrazione del prodotto.

Quindi premialità diretta per parametri qualitativi, all’utilizzo di sementi certificate, sostegno alle forme di conferimento del cereale, sostegno alla ristrutturazione ed ampliamento dei centri di selezione e primo stoccaggio ed un progetto globale per una moderna rete logistica che permetta di concentrare il prodotto ed offrire lotti consistenti all’industria nazionale e all’esportazione. In fondo è quello che i Francesi hanno fatto 25 anni fa.

 

12 Mar 2017

Rassegna stampa

2017

Qdm Notizie, 12 Marzo 2017, Jesi Consorzio Agrario: cala il prezzo del grano, magazzini mezzi pieni

2016

Agrisole 7 Luglio 2016 “Ancona: macchine, grano e logistica”

Resto del Carlino, 15 Luglio 2016 “Consorzio del grano, buco da 25 milioni – il mercato è crollato, prezzi in picchiata”

Password, 18 Luglio 2016, “Crollo del prezzo del grano, il grido d’allarme del Consorzio Agrario”

Vivere Jesi, 18 Luglio 2016, “Il prezzo del grano crolla, Confagricoltura e Consorzio Agrario: ‘Persi 25 milioni'”

Qdm Notizie, 18 Luglio 2016, “Jesi / Il prezzo del grano in precipitosa discesa, l’allarme del consorzio agrario: ‘ le nostre imprese agricole rischiano grosso’ ” 

Resto del Carlino, 1 Ottobre 2016, ” E’ il girasole l’oro delle Marche. Dai suoi semi un primato nazionale”

Corriere Adriatico, 6 novembre 2016, “Grano da seme: l’alta qualità del Consorzio Agrario di Ancona” 

 

24 Feb 2017

Obbligo patentini trattori: proroga al 31 dicembre

La scadenza prevista per il 12 marzo 2017 per l’effettuazione dei corsi di aggiornamento di cui appunto 9.4 dell’accordo Stato Regioni n. 53/12 è differita al 31 dicembre 2018. Ci si riferisce quindi ai lavoratori del settore agricolo in possesso di esperienza documentata di almeno due anni nell’utilizzo del trattore a ruote o a cingoli (o delle altre attrezzature indicate nell’Accordo ad esempio carrelli elevatori, trattori telescopici, ecc.).

Il termine per l’entrata in vigore dell’obbligo dell’abilitazione all’uso delle macchine agricole, in attuazione di quanto disposto dall’accordo, sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nella seduta del 22 febbraio 2012, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, concernente l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi e i requisiti minimi di validità della formazione, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 60 del 12 marzo 2012, è differito al 31 dicembre 2017. Entro dodici mesi da tale data devono essere effettuati i corsi di aggiornamento, di cui al punto 9.4 dell’Allegato A al suddetto accordo del 22 febbraio 2012.

02 Nov 2016

Sisma, la bella storia dell’agente del Consorzio Agrario

Maurizio Carbonetti, sfollato a Porto Sant’Elpidio, torna ogni giorno a Muccia per garantire un presidio ad agricoltori e allevatori rimasti nella zona rossa

Sfollato a Porto Sant’Elpidio con l’intera famiglia dopo che la sua casa di Pievetorina è rimasta lesionata dal terremoto, Maurizio Carbonetti fa ogni giorno la spola con Muccia per tenere aperta l’agenzia del Consorzio Agrario, al bivio della Maddalena, e rifornire di sementi, cereali e mezzi tecnici gli agricoltori ed allevatori dell’intera zona rossa compresa tra Ussita, Visso e la stessa Pievetorina che hanno scelto di rimanere per custodire le loro bestie o continuare le proprie coltivazioni.

“Un esempio di dedizione, di attaccamento al lavoro e alla terra” sottolinea il direttore del Consorzio Agrario di Ancona, Andrea Novelli che aggiunge: “L’agenzia è stata dichiarata agibile, anche se vi è una bella crepa, e Carbonetti ha ritenuto  importante non lasciare soli gli agricoltori e gli allevatori di quel territorio, consapevole che il Consorzio Agrario rappresenta l’unico presidio della zona dove reperire ogni tipo di materiale. In un momento così difficile per quel territorio, figure come quella del nostro agente di Muccia dimostrano come il tessuto sociale che ruota al mondo dell’agricoltura sia fortemente coeso e capace di restare unito anche di fronte a così gravi calamità”.

 

27 Set 2016

Girasole: sul TG 3 Marche RAI il punto del Cap Ancona

A conclusione della campagna di raccolta del girasole, coltura in cui le Marche sono la prima regione d’Italia per superficie coltivata, il Tg3 ha inteso compiere un approfondimento con il Consorzio Agrario di Ancona, soggetto che raccoglie il 60% del prodotto nella provincia di riferimento ed in parte delle province limitrofe (Macerata e Pesaro), qualificandosi come il principale punto di riferimento nel settore.

E’ possibile rivedere il servizio andato in onda durante il TG Marche delle 19.30 al seguente link al minuto 10.36.

 

 

 

22 Set 2016

Rifiuti agricoli: nuove esclusioni

Con l’articolo 41, della Legge 28 luglio 2016, n. 154 “Collegato Agricolo” viene modificata la lettera f), comma 1 dell’articolo 185 del D.Lgs 152/2006, ampliando le sostanze e materiali vegetali non pericolose escluse dalla normativa sui rifiuti.

In particolare le novità riguardano:

  • l’allargamento dell’esclusione anche a paglia, sfalci e potature provenienti da aree verdi, quali giardini parchi e aree cimiteriali (riferimento alla lettera e), comma 2 dell’articolo 184);
  • la precisazione che tali materiali (paglia, gli sfalci e le potature) sono prodotti dalle attività agricole di cui all’articolo 2135 del c.c. (riferimento alla lettera a) del comma 3 dell’articolo 184);
  • l’allargamento delle condizioni di uso: oltre all’utilizzo in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia vi è la possibilità di destinarli alle normali pratiche agricole e zootecniche e che tale destinazione può avvenire al di fuori del luogo di produzione o con cessione  a terzi.

Pertanto viene escluso dal novero dei rifiuti i residui vegetali (in particolare le biomasse) derivanti dalla manutenzione di parchi e giardini (oggi rifiuti perché ricadenti nella definizione di “rifiuto organico” e “rifiuto urbano”).

08 Lug 2016

A Rocchetta il più grande centro di stoccaggio bio delle Marche

Sorgerà a Rocchetta di Fabriano il più grande deposito certificato biologico della regione per la raccolta di cereali e leguminose. Lo realizzerà il Consorzio Agrario della provincia di Ancona che – ultimato il periodo di conversione previsto dalla legge in tre anni – da questa raccolta può cominciare la fase di ammassamento.
Si tratta di un capannone di mille metri quadrati, in precedenza adibito a raccogliere il cereale convenzionale. Il Consorzio Agrario di Ancona, con l’obiettivo di dare un servizio agli agricoltori del territorio, ha deciso di riconvertilo permettendo loro di avere un punto di riferimento per l’ammasso. Beneficeranno della struttura, in larga parte le piccole aziende, quindi i piccoli volumi, che però sommati raggiungono livelli interessanti per le  industrie italiane di trasformazione che hanno necessità di acquistare da un unico centro quantitativi più consistenti, nell’ordine dei 15-20 mila quintali.

Per il Consorzio Agrario è una opportunità per entrare in maniera strutturata in un mercato, quello del biologico, con numeri sempre crescenti.

“Attraverso una gestione attenta, continuiamo ad investire nel territorio con una politica di ampliamento prestando attenzione alle opportunità che si presentano” sottolinea il direttore del Consorzio, Andrea Novelli, che aggiunge: “A Rocchetta si è creata l’occasione per imboccare con forza la strada del biologico nella fase di stoccaggio e l’abbiamo colta al volo. Del resto il nostro Consorzio è una realtà ben strutturata in tutta la provincia di Ancona dove raccoglie il 30% del grano duro e ha valori dominanti nel sorgo e nel girasole, oltre che nel grano tenero. Un patrimonio costituito da 500 soci, 6000 aziende agricole conferenti e 9000 clienti che ci hanno permesso di superare in fatturato i 70 milioni di euro, garantendoci autonomia, forza ed autorevolezza nel panorama agricolo regionale”.