di Alberto Maria Alessandrini
Fra i numerosi, e purtroppo ormai noti, effetti collettarli della nuova Pac l’applicazione degli eco-schemi è certamente quello che ha “mietuto più vittime”. Una misura con un’impostazione marcatamente ecologista che, però, oltre a non aver riscosso gli effetti sperati fra gli agricoltori (molte sono infatti le aziende che hanno preferito rinunciare al contributo) corre il rischio di ottenere risultati diametralmente opposti da quelli sperati.
Se, infatti, per portare a casa alla fine dell’anno poche decine di euro in più di Pac all’ettaro ci si trova costretti a coltivare rinunciando ai giusti strumenti di difesa, va da sé che sempre di più saranno gli imprenditori agricoli disinteressati a questa tipologia di aiuto. Problematica, questa, particolarmente sentita anche nella nostra regione e soprattutto per quanto concerne una delle colture regine delle Marche: il girasole.
Nelle Marche seminati circa 40.000 ettari
In regione sono infatti circa 40mila gli ettari dei circa 110mila complessivi seminati in Italia con una produzione di oltre 720.000 quintali. Una risorsa importante che, come ha già ricordato Confagricoltura, non è però adeguatamente valorizzata e tutelata. L’introduzione dei nuovi limiti imposti dall’eco-schema 4 ha poi contribuito a migliorare la situazione.
Proprio su questo aspetto in più riprese la stessa associazione degli agricoltori ha sollecitato Regione Marche circa la necessità di intervenire con una modifica delle prescrizioni previste. In particolar modo agendo sui disciplinari di lotta integrata applicati, palesemente afflittivi per alcune tipologie di produzioni diffuse sul nostro territorio (non solo girasole ma anche colza). Una questione annosa della quale i vertici di Confagricoltura hanno anche discusso con Amap, l’Agenzia regionale preposta alla stesura dei disciplinari.
La lotta agli elateridi ed il contrasto alle lumache sono, del resto, aspetti sui quali l’attuale situazione normativa lascia ben poco margine di azione agli agricoltori. Ed è proprio da qui che, laddove non si voglia rinunciare a tale coltivazione, si rende necessario un intervento legislativo in tempi raidi.
Il serio rischio di coltivare in rimessa
“Ci rendiamo conto che i margini di azione sono ristretti, ma è orami un dato di fatto che la presenza di insetti nocivi per le nostre colture, soprattutto nella fase iniziale di germinazione, arreca un danno ingente alle produzioni” ha sottolineato Alessandro Bettini vice presidente di Confagricoltura Ancona. “Alla luce dell’attuale situazione, la prima misura da adottare sarebbe la concessione di una deroga, su base regionale, al divieto di utilizzo di geodisinfestante. Stessa situazione per quanto concerne le lumache. Senza poterci difendere con i prodotti adeguati, la coltivazione del girasole diventa una rimessa costante soprattutto in questo momento con le numerose piogge che si sono abbattute durante la fase di semina”.
Una problematica molto sentita, anche in virtù del ruolo di coltura da rinnovo che il girasole ha assunto negli anni per le aziende marchigiane “Sembrerebbe che qualche spiraglio di apertura verso le nostre istanze potrebbe esserci” ha continuato Bettini. “Del resto la presenza di lumache ed elateridi in molti dei nostri campi è un dato di fatto e gli estremi per la concessione di una deroga potrebbero esserci. Il tutto sta nel capire se vi sia anche la volontà (non solo politica ma anche tecnica) a perorare tale giusta causa. I segnali, dopo gli incontri avuti, sembrerebbero essere incoraggianti”.