di Giorgia Clementi
Ne avevamo parlato come una coltura da rinnovo, resistente e adatta ai climi più caldi. Eppure, l’estate appena trascorsa pare abbia messo in difficoltà anche quella che viene rinominata, per tali qualità, la “pianta cammello”. Si tratta del sorgo, del quale in questi giorni si sta svolgendo la raccolta.
A raccontarci l’andamento, non proprio favorevole, è l’agronomo Stefano Biagetti, tecnico del Consorzio Agrario di Ancona.
“La produzione non è altissima, tra i 45 ed i 50 quintali l’ettaro“, inizia Biagetti sottolineando come la bassa produzione del sorgo sia comune a gran parte delle altre colture da rinnovo che prevedono una semina primaverile. “Dipende direttamente dall’andamento della stagione estiva e quest’anno la siccità ha causato una bassa resa e una maturazione precoce del prodotto“.
La raccolta, che di solito avviene a cavallo tra settembre ed ottobre, è stata di fatto anticipata “perché le temperature sono state determinanti“. Tra le ragioni vi è anche l’inverno mancato: “non è stato freddo nei mesi invernali – spiega Biagetti – quindi la somma termica del periodo tra la semina e la raccolta, è stata parecchio alta, da causare una maturazione più veloce”.
Meno resa, sempre meno sorgo
Nonostante sia uno dei cinque cereali più coltivati al mondo, il sorgo non ha mai avuto un significativo exploit nella penisola, e tantomeno nelle Marche. Nella regione, nel 2023, ne sono stati piantati appena 1 959 ettari per un totale di 80 017 quintali raccolti. Nell’anno corrente, 2.030 ettari, come evidenziato dall’Istat. Pochi anche i quintali che si stanno raccogliendo, ne è un esempio quanto testimoniato da Biagetti:
“Per seminare e coltivare 1 ettaro di sorgo ci sono costi che si aggirano intorno ai 1000 euro, per coprirli ci vogliono circa 55 quintali di quintali raccolti per ettaro“. La resa di quest’anno, come ricordato in apertura, è anche di dieci quintali minore a tale dato, “la produzione, in questo caso, non è sufficiente neanche per creare un utile rispetto ai costi“.
La poca convenienza non può che essere uno stimolo negativo per l’interesse degli agricoltori per il sorgo: “già ne viene piantato poco – conclude. Si tende a preferire il girasole o il cece e, se continuano ad esserci stagioni come l’attuale, il sorgo è destinato a diventare una coltura, sempre più marginale“.
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